Il Tribunale di Brindisi, in persona del Giudice Simone Coppola, in relazione ad un giudizio di ripetizione dell’indebito con riguardo ad un rapporto di conto corrente, con la sentenza n.1816/2017, dopo avere affermato l’illegittima applicazione degli interessi ultralegali, dell’anatocismo trimestrale e della commissione di massimo scoperto (CMS), ha condannato la Banca a restituire all’imprenditore la somma di € 61.938,17 oltre interessi.
La decisione merita di essere segnalata in quanto il Tribunale ha ritenuto che l’indicazione nei contratti bancari di una percentuale di calcolo di riferimento per la commissione di massimo scoperto (CMS), non appare sufficiente a soddisfare il requisito della determinabilità a priori ex art. 1346 c.c. quando non risulta “esplicitato il metodo di calcolo”. Peraltro, ha osservato il Tribunale, “la commissione di massimo scoperto (può) ritenersi validamente espressa e prevista solo allorquando possa individuare una funzione diversa da quella già svolta dall’interesse”, con la conseguenza che non è comunque dovuta se la Banca ha applicato tale onere nel corso del rapporto, assimilandola pertanto agli interessi passivi.
Ha quindi dichiarato la nullità della relativa clausola sotto il profilo della indeterminatezza dell’oggetto dell’obbligazione, anche se la CMS (commissione di massimo scoperto) era stata prevista nel contratto.
La decisione va condivisa perché il calcolo della CMS poteva essere effettuato secondo diversi criteri che davano risultati diversi a secondo del metodo usato (per esempio poteva essere calcolata sul massimo saldo debitorio risultante nel periodo di riferimento a prescindere della durata di tale saldo oppure sui saldi debitori che singolarmente o complessivamente avevano una durata maggiore di dieci giorni o, ancora, sul massimo saldo debitorio in valore assoluto, anche se relativo ad un periodo di scoperto di durata inferiore a dieci giorni) e, quindi, correttamente il Tribunale di Brindisi ha affermato che la clausola è nulla.