TASSO SOGLIA : no alla maggiorazione del 2,1% per il tasso di mora

Il tasso soglia dovrà essere individuato, anche per gli interessi di mora, nello stesso tasso indicato nei decreti ministeriali per gli interessi corrispettivi senza la maggiorazione del 2,1%.

La Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27442 del 30/10/2018, ha ribadito che “L’art. 2 L.108/1996 vieta di pattuire interessi eccedenti la misura massima ivi prevista. Questa norma s’applica sia agli interessi promessi a titolo di remunerazione d’un capitale o della dilazione d’un pagamento (interessi corrispettivi. Art. 1282 c.c.), sia gli interessi dovuti in conseguenza della costituzione in mora (interessi moratori:. Art. 1224 c.c.)”.

Quindi la legge n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (tra le tante, Vedi Cass. 23192 del 4/10/2017, Cass. 5598 del 06/03/2017 e Cass. 1748 del 25/01/2011).
Il principio è stato affermato dalla Suprema Corte esaminando tutti i possibili criteri di interpretazione della legge:
letterale, sistematica, finalistica e storica.

La decisione

La stessa decisione ha poi ritenuto che la tesi sostenuta dalle banche secondo cui il tasso soglia rilevante per gli interessi moratori dovrebbe essere individuato aumentando del 2,1/% quello pubblicato dai decreti ministeriali di riferimento, è priva di pregio giuridico. Ha, infatti, aggiunto, che “il riscontro dell’usurarietà degli interessi convenzionali moratori va compiuto confrontando puramente e semplicemente il saggio degli interessi pattuito nel contratto col tasso soglia calcolato con riferimento a quel tipo di contratto, senza alcuna maggiorazione od incremento: è infatti impossibile, in assenza di qualsiasi norma di legge in tal senso, pretendere che l’usurarietà degli interessi moratori vada accertata in base non al saggio rilevato ai sensi dell’art. 2 I. 108/96, ma in base ad un fantomatico tasso talora definito nella prassi di “mora-soglia”, ottenuto incrementando arbitrariamente di qualche punto percentuale il tasso soglia”.

Quindi, ai fini del tasso soglia deve considerarsi esclusivamente il TEGM pubblicato nei Decreti Ministeriali pro tempore vigenti, incrementato degli ordinari coefficienti, senza fare luogo ad alcuna maggiorazione. Ciò ancorché un’indagine statistica a fini conoscitivi, condotta dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio Italiano Cambi, nel lontano 2002, abbia “rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali” (come tuttora si legge nei D.M. Trimestrali).

La conseguenza e che diversi giudici di merito (tra i quali il Tribunale di Roma, quello di Lecce, ecc …), che hanno ritenuto di applicare l’aumento del 2,1% del TEGM, rigettando così le domande avanzate dai mutuatari, dovranno, con ogni probabilità, rivedere le loro convinzioni e adeguarle ai principi fissati dalla Suprema Corte. Il risultato sarà che molti contratti risulteranno usurari e le banche dovranno restituire gli interessi percepiti indebitamente.

Clicca qui per visualizzare la sentenza per esteso:

 sent. del 30.10.2018, n. 27442

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